Una carriera vissuta tra speranze, delusioni e la costante, pesante etichetta di “fratello di”. Enock Barwuah, 32 anni, si è raccontato a cuore aperto nel corso del podcast ‘Centrocampo’, svelando i retroscena di un percorso calcistico fatto di sacrifici e porte chiuse in faccia, spesso a causa della sua ingombrante parentela con Mario Balotelli. Dall’approdo a sorpresa a Manchester per stare vicino al fratello durante l’epopea al City, fino alle numerose e frammentate esperienze in Italia, la sua è la storia di un ragazzo che ha lottato per trovare la propria strada, scontrandosi con un mondo che sembrava più interessato al suo cognome che al suo talento.

Durante la trasmissione, a cui è intervenuto in diretta anche lo stesso Mario per parlare della sua stagione al Genoa, Enock ha ripercorso le tappe più difficili della sua carriera. Ha parlato di provini promessi e mai concretizzati, di società che hanno tentato di sfruttare la sua immagine e di allenatori e dirigenti che, a suo dire, hanno frenato la sua crescita. Oggi Enock ha trovato una sua dimensione tra i professionisti, ma il passato, con le sue cicatrici, resta indelebile.

Il sogno Napoli e l’amara delusione

Su tutti, un episodio è rimasto impresso a fuoco nella sua memoria: la mancata opportunità con il Napoli. Un’occasione che per un giovane di 15-16 anni, intorno al 2010, avrebbe potuto significare la svolta. “Fu un procuratore a dirmi che c’era questa possibilità,” racconta Enock, che all’epoca militava nelle giovanili del Carpenedolo, allora presieduto da Ghirardi, ex patron del Parma. “Avevo fatto anche i campionati nazionali giovanili con loro, segnando pure tanti gol, e all’improvviso si avvicina questo procuratore”.

L’entusiasmo, però, si trasformò presto in incredulità e rabbia una volta arrivato in Campania. “Lì secondo me fu organizzata male, perché in realtà il provino col Napoli non l’ho mai fatto,” ha spiegato con amarezza. “Sono andato lì e sono stato ad allenarmi con la Juve Stabia, ed era andata bene. Il mister era il padre dei fratelli Esposito e voleva tenermi”.

Ma il sogno era un altro, la promessa era diversa. Enock si sentì tradito, quasi preso in giro. “Mi avevano tirato su con il Napoli ma volevano farmi firmare con la Juve Stabia e io mi ero un po’ arrabbiato, capendo che in realtà mi avevano usato perché volevano farmi solo pubblicità, avevano alzato un polverone”.

“Tutti golosi del mio cognome, nessuno mi ha aiutato”

Quell’esperienza fu un punto di rottura, la presa di coscienza di una realtà spietata. “È stato tutto un casino, erano tutti golosi del fatto che fossi il fratello di Balotelli ma nessuno mi ha voluto aiutare a fare un percorso,” ha aggiunto. La sua ambizione non era necessariamente la Serie A, ma un percorso onesto e guidato, anche partendo dall’Eccellenza. “Non ho avuto una persona che è riuscito a guidarmi in questo senso”.

La delusione fu tale da portarlo a una scelta drastica e, col senno di poi, sbagliata. “È stato l’anno in cui poi mi sono fermato del tutto, perché se stavo fermo mi svincolavo,” ammette. “Fu una scelta sbagliata perché potevo rimanere a Carpenedolo e fare esperienza altrove”. Un errore dettato dalla frustrazione, che ha segnato profondamente il suo cammino nel mondo del calcio, un mondo che troppo spesso ha guardato al suo cognome prima di guardare ai suoi piedi.