Juve Stabia: la società posta in amministrazione giudiziaria per presunte infiltrazioni camorristiche

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La Juve Stabia alla prova della giustizia: un club sotto l’occhio del ciclone! #JuveStabia #Giustizia #Calcio

Una scure giudiziaria si è abbattuta questa mattina sulla S.S. Juve Stabia 1907. La società calcistica è stata posta in amministrazione giudiziaria, come disposto da un decreto emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione in data 13 ottobre 2025.

L’operazione, eseguita oggi, 21 ottobre 2025, dalla Polizia di Stato della Questura di Napoli e dal Servizio Centrale Anticrimine, scaturisce da una proposta congiunta di vertici assoluti della magistratura e delle forze dell’ordine: il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il Procuratore di Napoli Nicola Gratteri e il Questore di Napoli Maurizio Agricola.

L’accusa, dettagliata in un comunicato stampa ufficiale, è pesantissima: l’esistenza di un “sistema di condizionamento mafioso” dell’attività economica del club da parte del clan D’Alessandro, egemone sul territorio stabiese.

Le indagini: dai “pentiti” alle intercettazioni al 41-bis

L’articolata attività investigativa e le analisi patrimoniali hanno fatto emergere come la gestione di numerosi servizi vitali per la società sia stata affidata, nel tempo, a imprese e soggetti con chiare “profili di contiguità” al clan D’Alessandro.

Le prove, secondo gli inquirenti, sono state confortate da dichiarazioni convergenti di collaboratori di giustizia e dagli esiti di registrazioni di colloqui in carcere di detenuti in regime di 41-bis, appartenenti tra l’altro anche al clan Cesarano.

I settori strategici finiti nel mirino sono molteplici: sicurezza, ticketing, bouvetteria (servizi di ristoro), pulizie, servizi sanitari e, fino al 2024, persino il trasporto della prima squadra. Secondo la Procura, l’attuale assetto societario “è subentrato in relazioni economiche di antica data” che si sono rivelate “sottoposte al condizionamento di presenze e interessi mafiosi” e che rischiano di perdurare in assenza di adeguati meccanismi di controllo.

Il caso della sicurezza: un tifoso con DASPO ai tornelli

Un esempio lampante del condizionamento, citato nel comunicato, riguarda il “nevralgico settore” della sicurezza e dello stewarding. L’assenza di controlli rigorosi sui contraenti avrebbe condizionato la gestione degli eventi sportivi, anche sotto il profilo dell’ordine pubblico.

La prova palese, scrivono gli inquirenti, è emersa durante la partita Juve Stabia – Bari dello scorso 9 febbraio 2025. Il personale del Commissariato di Castellammare di Stabia verificò che ai tornelli della Curva San Marco, settore dei tifosi locali, era presente “con ruolo attivo al filtraggio”, accanto agli steward ufficiali, un esponente del tifo organizzato già colpito da D.A.Spo. (Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive).

Ticketing e tifo organizzato: l’infiltrazione del clan

Anche il servizio di ticketing è risultato compromesso. Le indagini hanno portato alla luce una “prassi diffusa” che, attraverso punti vendita “analogo compromessi” e il rilascio di biglietti con dati anagrafici alterati, era “quantomeno potenzialmente idonea” a consentire l’accesso allo stadio a soggetti pregiudicati, colpiti da D.A.Spo e “molti dei quali contigui al clan D’Alessandro”.

Gli inquirenti parlano di una “diffusa infiltrazione” del clan nella tifoseria organizzata locale. A testimoniarlo, i numerosi provvedimenti emessi nella scorsa stagione calcistica: 22 D.A.SPO “fuori contesto” (cioè non legati a episodi da stadio) nei confronti di pregiudicati appartenenti o vicini al clan (alcuni con ruoli di promozione del tifo), e altri 16 DASPO emessi per episodi violenti durante le partite.

La “saldatura” pubblica: ultras sul palco con le istituzioni

La “saldatura” tra esponenti del tifo organizzato (con contiguità criminale) e la comunità stabiese, secondo la Procura, si è manifestata palesemente lo scorso 29 maggio, durante un evento organizzato dal Comune di Castellammare di Stabia per celebrare la stagione della squadra.

In quella circostanza, denunciano gli inquirenti, i rappresentanti dei tre gruppi ultras della tifoseria – “alcuni colpiti da D.A.Spo e con profili di contiguità criminale” – sono “proposti pubblicamente sul palco con vertici della società di calcio, autorità civili e istituzioni pubbliche”.

Ombre anche sul settore giovanile

Infine, l’indagine ha rilevato “significativi indici di condizionamento” anche nelle scelte dei responsabili del settore tecnico giovanile. Uno di loro, si legge nel comunicato, era già stato destinatario di provvedimenti della giustizia sportiva che attestavano “radicate e consolidate relazioni con il clan”.

La misura dell’amministrazione giudiziaria, che non è “ablativa” (non sequestra la società), è finalizzata, concludono i procuratori e il questore, “al ripristino della legalità e della trasparenza gestionale, interrompendo il circuito di agevolazione mafiosa instauratosi e restituendo alla società condizioni di autonomia, correttezza e regolarità operativa”.